verifiche e voti, che stress

C’è l’obbligo di fare verifiche? La scuola pubblica, come tutte le pubbliche amministrazioni, ha bisogno di una legge in cui c’è scritto come fare le cose. Se manca la legge allora quell’aspetto non è normato. Per le verifiche
bisogna cercare un po’ ma una legge esiste. Un regio decreto del 1925 in pieno periodo fascista.
È l’articolo 79 del Regio Decreto n. 653, pubblicato il 4 maggio 1925. Questo articolo dice:
“I voti [allo scrutinio di fine scuola] si assegnano, su proposta dei singoli professori, in base ad un giudizio brevemente motivato desunto da un congruo numero di interrogazioni e di esercizi scritti, grafici o pratici, fatti in casa o a scuola, corretti e classificati durante il trimestre o durante l’ultimo periodo delle lezioni.”

Chi decide il “congruo numero”? Questo aspetto è chiarito nella Ordinanza Ministeriale n. 90 del 21 maggio 2001 all’articolo 13 comma 3: “Il collegio della docenti determina i criteri da seguire per lo svolgimento degli scrutini al fine di assicurare omogeneità nelle decisioni di competenza dei singoli consigli di classe. In sostanza noi docenti decidiamo il congruo numero di esercitazioni scritte e orali necessarie per desumere un voto in pagella. Tutto questo, come predisposto dal Regio Decreto del 1925. Quando, spesso, dico che siamo fermi a un mondo che non esiste più, mi riferisco proprio a queste cose qui.

Non c’è obbligo di associare un voto a ogni verifica o interrogazione. Il regio decreto del 1925, sebbene evidentemente vetusto, non obbliga in alcun modo ad associare a ogni esercitazione scritta o orale un voto da infilare sul registro. È abbastanza chiaro che questo obbligo specifico non esiste. Piuttosto, è una prassi che
adottiamo, ma perché lo facciamo se non è obbligatorio?

Sarebbe meglio mettere una fine al concetto “una verifica = un voto”. Le verifiche sono strenuamente difese come se fossero utili (per la studente, dicono) ma anche inevitabili (sennò, come fai a mettere i voti?).
Ma ci sono almeno due problemi evidenti.

1) Il vero stimolo di chi fa quella prova è uno solo: il voto. In più, è uno stress messa cosi: ottengo un voto
per una performance cronometrata. Che senso didattico ha di preciso? Boh.

2) L’osservazione del processo di apprendimento viene demandata al lavoro a casa senza possibilità dellə docente di intervenire. Come si fa a desumere un voto finale in pagella corretto, senza una accurata valutazione del processo di apprendimento?

Ma parliamo ora della perversa logica del voto della verifica. Se prendo un buon voto posso stare tranquilla e
staccare un po’ dallo studio. Credo sia lapalissiano. Dunque la ricerca del voto buono, con qualsiasi
mezzo, faticoso, legale o illegale, è volto a questa consapevolezza. Ma se è così, allora il voto non ha peso didattico: non è una valutazione intermedia ma solo una tappa salvifica o meno nel percorso annuale. Questo fa sì che alla fine la ragazza si focalizzano solo sul risultato degli sforzi, perché quel risultato può dare tranquillità oppure generare ulteriori ansie se minore del 6. In tutto questo, la didattica e l’apprendimento dove sono?

Più valutazioni meno voti, quindi. La valutazione non deve essere per forza sempre legata all’inserimento di un voto sul registro elettronico. La valutazione può essere un feedback su un lavoro svolto individualmente o in gruppo, oppure il risultato di un processo di apprendimento durato più settimane.
La legge del 1925 dice chiaramente che l’unico voto numerico da cui non possiamo sottrarci noi docenti è quello di fine periodo o fine scuola. Tutti gli altri voti che mettiamo durante l’anno sono praticamente evitabili. Quindi si possono esplorare metodologie diverse rispetto al solito ciclo delle tradizionali e autoritarie verifiche/interrogazioni con voti numerici.

In un’ottica democratica e anti-autoritaria, il voto è frutto di un processo che fa la docente a partire da valutazioni durante l’anno il più possibile trasparenti, condivise e consapevoli da parte della studenti. Se mettiamo al centro l’apprendimento della studenti, il rispetto dei loro tempi e la necessità di sbagliare e imparare da quegli errori, allora non possiamo puntare su verifiche/interrogazioni one-shot. Piuttosto, dovremmo puntare di più su una valutazione descrittiva unita a una autovalutazione individuale e di gruppo della studenti, così da desumere una valutazione finale partecipata e fare il modo che anche la parte valutativa sia occasione di apprendimento.

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